di: stefanoiovino
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Alcuni autori, psicologi, psicoterapeuti e gran parte della letteratura inerente il campo dei disturbi del comportamento alimentare parlano di adeguamento compiacente della figlia nei confronti della madre che sottende il desiderio di farsi amare. Questo è uno dei canali principali attraverso il quale si comincia a formare L’IDENTITA’- SE’ IDEALE (egosintonico) della bambina, una identità non reale che mette a tacere i suoi bisogni, i desideri, le emozioni, diventando quello che la mamma vuole.
Il Sè ideale mette a tacere l’autenticità del bambino, di conseguenza i valori guida di queste bambine diventano valori di successo, di denaro e pian piano si identificano sempre di più con questa identità voluta dalla madre.
In questo processo di identificazione con il modello materno, la bambina comincia a sviluppare una grande sensibilità ai segnali di approvazione e disapprovazione dell’altro, da qui nasce il primo grosso tema dell’anoressica: la paura del giudizio dell’altro. L’IDENTITA – SE’ REALE in qualche modo si fa sentire e l’anoressica per evitare di contattare questa parte mette in atto un processo di dissociazione, tutti gli impulsi e le emozioni vengono messe a tacere (fuori dalla portata delle coscienza), facendosi sentire solo attraverso l’attivazione del corpo.
L’esordio avviene intorno ai 13-14 anni, quando comincia a differenziarsi dalla madre (questo avviene quando la bambina acquisisce le capacità di pensiero critico) in quanto in questo periodo da perfetta madre che era, grazie al pensiero critico, comincia a vedere anche i suoi difetti e siccome la sua capacità critica non è sana perché resta involuta, non riesce a vedere altro che gli aspetti negativi di questa figura significativa prima idealizzata.
Comincia a questo punto a scontrarsi con il tema della delusione, una doppia delusione in quanto oltre ad essere delusa dalle figure significative, che per tanto tempo ha desiderato essere come loro (adeguamento compiacente) è delusa anche da se stessa.
In questa fase avviene un blocco evolutivo in cui la ragazza comincia a chiedersi: “Chi sono io? Io sono la figlia di una madre cattiva”. Comincia a riconoscere la madre idealizzata in questo modo e qui si ferma nella sua evoluzione e si vive la sua delusione che la porta a rileggere tutta la sua storia di vita, il rapporto con la madre che inizia a vedere come intrusiva, ipercritica, esigente, da qui si attiva il pensiero dicotomico perché è l’unico che garantisce un supporto emotivo, cerca quindi di emanciparsi da queste figure, ovviamente è un’emancipazione illusoria in quanto la dipendenza materna non si è risolta ma si è soltanto trasformata in un rapporto oppositivo. Alcuni autori collegano tali disturbi a distorsioni cognitive come l’idealizzazione e la devalorizzazione; l’integrazione delle due opposte rappresentazioni può avvenire solo attraverso il meccanismo della delusione. La consapevolezza di potere essere delusi e deludenti è alla base della paura del rifiuto, del coinvolgimento emotivo e del sentimento di impotenza o di scarsa efficacia personale.
L’anoressia nervosa si sviluppa come tentativo di autocura e di miglioramento dell’efficacia interpersonale (Bruch, 1974). Inoltre allo scopo di non deludere, queste pazienti cercano di compiacere l’altro e di soddisfare le aspettative altrui, delegittimando e/o negando le proprie emozioni. Infatti l’unica modalità per ottenere un livello di autostima e di senso di autoefficacia sufficienti è di uniformarsi alle richieste altrui; vi è cioè una ricerca della perfezione per compiacere gli altri, soprattutto se significativi.
Liotti riconosce fondamentale la paura della delusione in ogni relazione; ciò fa si che non si impegnino fino in fondo nei rapporti affettivi per la paura di restare deluse, così come non si facciano conoscere del tutto per timore di deludere l’altro significativo. L’attenzione sull’immagine corporea diventa l’unica, o comunque la principale, strategia di regolazione delle relazioni (Liotti, 2001a).
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