di: stefanoiovino
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Angelica, ventisei anni, single, da circa tre anni ha crisi bulimiche quotidiane; hanno avuto inizio quando se ne è andata di casa per vivere da sola, dopo liti violente con la sua famiglia a questo proposito. Angelica ci fa una richiesta esplicita di non invitare i genitori, che non sanno nulla dei suoi problemi. Non vuole perdere la faccia: discutere con loro dei suoi sintomi significherebbe ammettere il suo “fallimento”(J.Vanderlindet et al., 1995).
Come possiamo spiegarci che le famiglie di pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare siano state per così tanto tempo ignorate? Perché hanno vissuto nella piena solitudine dell’inconsapevolezza o della cieca e finta inconsapevolezza e dell’angoscia? La risposta la ritroviamo proprio nel breve stralcio della storia di Angelica, paziente bulimica; si perché la bulimia è un male subdolo, nascosto, non visibile agli occhi di nessuno.
Si è spesso colpiti dall’assoluto diniego dei genitori e/o degli altri membri della famiglia: per mesi, talvolta per anni, non si sono mai accorti delle abbuffate o del vomito della figlia (o sorella o moglie). Talvolta i membri della famiglia si mostrano incredibilmente ciechi di fronte alla costante scomparsa di cibo o sembrano non avere mai notato l’odore acre del vomito nel bagno. E perfino quando sospettano qualcosa, evitano di parlarne apertamente. La bulimia sembra essere allora “un sordo grido” di aiuto, un tentativo di separarsi, di differenziarsi dal sistema.
Quali sono i significati della bulimia?
- Può agire come una sorta di parafulmini per gravi difficoltà coniugali o per un dolore inespresso all’interno della famiglia;
- Può segnalare che alla persona è stato attribuito un ruolo genitoriale, caso frequente nelle famiglie con un solo genitore;
- Può essere il solo modo per esprimere tanto il desiderio che la paura della persona bulimica verso lo sviluppo di un atteggiamento più indipendente nei confronti dei genitori;
- Può essere un segnale di gravi sconfinamenti (incesto, aggressione) all’interno della famiglia, con conseguenze traumatiche per la famiglia;
- Può essere un modo per esprimere la paura dell’intimità e del contatto sessuale
“Attraverso la bulimia, Myriam desidera rendere chiaro che nella vostra famiglia dovrebbero essere adottati determinati ruoli ed accordi. Questo sembra essere il suo modo di chiedere un cambiamento, di esprimere un bisogno di maggiore libertà ed indipendenza. La bulimia è anche una specie di ‘figlio problematico’ e sembra avere aiutato i genitori ad accettare meglio il dolore ed il rimpianto per la partenza della sorella. Come spesso accade, le crisi bulimiche di Myriam hanno anche a che fare con la sua paura di staccarsi dalla famiglia per quanto fortemente lo desideri”.
L’ambivalenza di Myriam è la stessa che si ritrovano a vivere quasi tutti i familiari di pazienti bulimici: l’ambivalenza nei confronti di un reale cambiamento. Questoè spesso uno dei principali ostacoli che il sistema pone di fronte alla guarigione del proprio membro. I genitori dovrebbero essere coinvolti direttamente nell’elaborazione concreta del progetto di avvio verso una vita autonoma del proprio figlio.
“Bea viene descritta come una ragazza particolare: è sempre stata difficile, dipendente e testarda. Anche ora viene percepita come un carattere debole: studia con difficoltà, e litiga continuamente con tutti. Per fortuna ha ancora i suoi genitori, che la tirano sempre fuori dai guai…”
Questi messaggi sull’essere debole, indifesa o incapace vengono sottilmente inviati al membro designato dai genitori e/o dai membri della famiglia. Il mondo esterno viene allora percepito come pericoloso e minaccioso, così che la famiglia rimane la sola salvezza.
Tutte queste esperienze sopra citate di persone affette da bulimia nervosa ci fanno chiaramente comprendere che la maggior parte dei trattamenti è ancora troppo orientata individualmente e prestano poca attenzione al possibile significato e alla possibile funzione dei sintomi alimentari in un più ampio contesto psicosociale, e in particolare nel sistema familiare: la bulimia spesso racchiude un messaggio o un segnale relazionale.
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