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di: stefanoiovino

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Di seguito vi proponiamo una riflessione a cura del dott. Stefano Iovino, psicoterapeuta e fondatore del centro DiCA, sulla necessità dell’utilizzo degli aspetti metaforici del linguaggio in psicoterapia.

 

Angela vive la sua anoressia come un paradosso.

Francesca sente che il cibo è come un fidanzato con il quale vive una costante fase di

innamoramento.

Luca si sente prigioniero di una rabbia fino a poco fa non riconosciuta.

Paola sente che è come se dentro avesse avuto una parte che voleva urlare.

 

 

Sono tante le metafore in cui mi imbatto, quotidianamente, nella mia attività clinica,

così come tante appaiono le riflessioni, profonde ed autentiche, che mi

consentono.

 Sedute di fronte a me, nel corso del tempo, ho visto persone soffrire di un dolore che

spesso, per quanto grande ed autentico, non riusciva ad essere veicolato con i codici

verbali “classici”, quelli che permettono di dare una giusta forma all’ indefinitezza che

spesso portano dentro.

Sono  persone che hanno bisogno di una connessione tra anime

che poco si stabilisce, nella maggior parte dei casi, con la staticità di un concetto, con

l’immobilismo di termini che fanno parte del nostro bagaglio letterario.

Ecco che spesso si palesa la necessità di comprendersi, di parlarsi al di là delle parole,

utilizzando immagini mentali ed emotive, forme, colori, scene.

La metafora è ciò che, nella mia esperienza terapeutica, meglio si presta al compito di

entrare nel profondo di una persona. È ciò che ti permette, con indissolubile certezza, di

capire, sulla base di una sintonia tra anime, qual è la vera essenza di un dolore, dove

questo affonda le sue radici, qual è il suo contenuto, dove si trova l’epicentro di una

sofferenza spesso atroce che – se non veicolata con un’immagine metaforica –

resterebbe imbrigliata nei meandri di una mente che la imprigiona.

 

Ho scoperto, così, che molti pazienti sentivano la necessità di raccontarsi attraverso le

metafore stesse perché elementi autentici di un vissuto personale che era

inequivocabilmente proprio, appartenente a colui che la metafora costruisce, originale,

vero e reale. La metafora ha, quindi, un valore comunicativo per il

paziente che la crea ma ha anche una grande potenzialità terapeutica se si riesce ad adeguarsi, sintonizzarsi e

restituire quell’ immagine con una visione alternativa, si

direbbe tecnicamente “ristrutturata”.

 

Quando questo riesce, si possono cogliere essenze diverse, si può sentire nell’ aria il contatto che le due menti

stabiliscono, si capisce, inequivocabilmente, che si lavora con il paziente, per il paziente.