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di: stefanoiovino

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La luce in fondo al tunnel: “La Guarigione Familiare”

 

L’uscita da un disturbo alimentare è un percorso lento e graduale, fatto di piccole conquiste che annunciano una possibile svolta, un cambiamento della direzione esistenziale. La “molla” tanto attesa dai genitori difficilmente si concretizza in un evento determinante, piuttosto il lento sciogliersi della logica malata è scandita da piccole sfumature che mostrano come la vita della figlia si stia “scongelando” (P.Pace, 2010).

Questa domenica non la dimenticherò mai. G. ha pranzato con noi, in modo normale, si è seduta a tavola e si è cibata del nostro stesso cibo[…] non voglio illudermi…infatti né io né mio marito abbiamo commentato l’evento, paurosi di dire, di sperare.

Anche rispetto al cibo ed alla tavola i genitori si accorgono di piccoli cambiamenti come appunto introdurre qualche cibo nuovo, sedersi insieme a loro. La ripresa della convivialità, anche senza mangiare è spesso accolta con gioia da madre e padre. Ma è soprattutto incontrare uno sguardo della figlia diverso, meno cupo e teso il primo segnale che qualcosa sta cambiando unitamente al sentirle parlare di progetti: i genitori capiscono che sono espressioni di un interesse per la vita che era congelato e ristretto solo al cibo ed al peso. E’ sempre utile che il terapeuta aiuti la famiglia a capire che non è nel mangiare di più e/o nell’aumento del peso che va individuato il miglioramento, ma che anzi a volte questi eventi possono presagire l’entrata nella fase bulimica.

Padre e madre hanno il timore di illudersi, vorrebbero credere che qualcosa stia effettivamente cambiando in meglio, ma hanno paura e faticano a parlarne tra loro. Soprattutto le madri vorrebbero confrontarsi con i terapeuti delle figlie per poterci credere e in generale il lavoro clinico con i genitori incontra in questo momento una diversa costellazione emotiva che trova il suo fulcro nella speranza e da lì si snoda (P.Pace, 2010).

Dunque il rapporto con il cibo ed il corpo sono gli ultimi aspetti che si modificano, prima è necessario che la posizione soggettiva della ragazza rispetto alla vita, alla propria crescita cambino direzione, poi piano piano ogni giorno qualcosa si modificherà. Va precisato che il percorso di uscita dall’anoressia non è lineare, ma è costellato di momenti di arresto, seguiti da piccoli cambiamenti e da altri che sembrano un “tornare indietro”. Questo andamento oscillatorio disorienta i genitori.

Ma quando una figlia anoressica guarisce, cosa resta ai genitori?

Del percorso di cura, ai genitori resta soprattutto il lavoro fatto sul loro dolore. Sentire riconosciuta la propria sofferenza rende possibile l’umanizzazione dell’insieme dei sentimenti contrastanti; dell’odio così come del troppo amore, predisponendo padre e madre a tollerare ed accettare l’ambivalenza dei loro sentimenti. In particolare le madri riescono con meno sofferenza ad accettare di potere rinunciare alla loro indispensabilità. È così più possibile per loro promuovere la separazione dalla figlia, continuare a garantire la necessaria autonomizzazione, nella convinzione dell’importante compito educativo di riconoscere il proprio figlio come un soggetto diverso e unico.

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