di: stefanoiovino
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LA REALTA’ DEI FRATELLI NEL MONDO DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
Come comportarsi con gli altri figli quando un loro fratello/sorella soffre di un disturbo alimentare
“Io mi preoccupo per mia figlia minore, oggi vede che tutta la nostra attenzione è per sua sorella! Ma non possiamo fare altrimenti. Anche a tavola spesso non diciamo niente quando vediamo che S.la costringe a mangiare tanto, le riempie il piatto e lei poverina non dice niente, mangia tutto perché teme di farla arrabbiare. Forse sbagliamo a non intervenire, ma non riusciamo a fare diversamente”.
A volte trascurati e dimenticati da un padre ed una madre troppo occupati e disperati per la malattia della sorella o del fratello, o messi da parte perché, “c’è un problema grave”, l’anoressia appunto, i fratelli soffrono in silenzio subendo anche il peso della rabbia, dell’ansia e degli sfoghi dei genitori.
“Perché l’anoressia nella mia famiglia?” Sembrano a volte chiedersi i fratelli e le sorelle. Capita in alcuni contesti familiari di essere buoni, di non dare altri problemi, di sopportare il clima nervoso, le crisi, l’aggressività della sorella malata. Il frigorifero svuotato, la credenza vuota, la casa senza cibo, non devono essere motivo di discussione per il bene della sorella anoressica. Stanchi, preoccupati, esasperati da un’atmosfera familiare tesa, sofferente, conflittuale, i fratelli sembrano a volte vivere la loro esistenza quotidiana parallelamente alla loro famiglia (P.Pace, 2014).
Esistono alcune realtà familiari nelle quali sono proprio i fratelli o le sorelle, spesso minori, ad essere “presi di mira” dalla ragazza anoressica, che a volte mette in atto in modo segreto veri e propri ricatti. “Se non mangi tutto quello che ho ti ho cucinato e messo nel piatto non ti porto fuori” oppure “Se dici alla mamma che ho vomitato allora le dirò che…” E così via. E loro? I fratelli? Spesso tacciono, sopportano impauriti o aspettandosi una protezione da parte dei genitori che tarda ad arrivare. Ma subire, essere complici o spettatori passivi, prima o poi diventa anche per loro un peso eccessivo e chiedono aiuto. La loro richiesta d’ascolto spesso contiene un appello affinchè qualcuno possa intervenire e modificare il clima familiare saturo, riducendo il dolore e la tensione presenti in casa. Altre volte invece il loro discorso veicola una disperata richiesta di aiutarli ad uscire dalla posizione di “genitore” o di guardia “del corpo” in cui il padre e la madre li hanno messi.
“Mi dica lei cosa è meglio fare. Io vedo mia sorella vomitare e buttare via il cibo. A volte, quando i miei non ci sono, lei salta il pasto. Mia madre mi chiede sempre se E. a pranzo ha mangiato, se la sento vomitare e io non so cosa rispondere. Mia sorella dice un sacco di bugie, racconta che esce a cena con gli amici o che ha già mangiato fuori, ma io so che non è vero. E’ giusto che io lo dica oppure è meglio tacere?”
Non c’è mai una risposta universale a tali domande, né per i genitori, né per i fratelli. Ogni caso di anoressia è una storia unica, l’una non è mai uguale all’altra, anche se questi quadri evidenziano delle stereotipie. Stessi rituali, stesse strategie, stesse ossessioni, discorsi simili, ma ognuna è sempre diversa dall’altra. Ciò che va interrogata è la posizione del soggetto unitamente alla logica che la storia di quella famiglia e di quella relazione fraterna esprimono.
Succede anche che un fratello scelga di tenere una posizione “genitoriale” e/o di grande equilibrio ed aiuto ai propri genitori, per ottenere maggior privilegi e mostrare a loro quanto lui/lei è capace di non dare problemi, incarnando “il figlio perfetto”. E’ la sorella anoressica la malata cioè il problema familiare, lui/lei crescono senza dare preoccupazioni e problemi. Ma non è sempre così, anzi a volte la figlia anoressica veicola attraverso il suo sintomo anche il disagio di un altro membro della famiglia o addirittura il senso di un’alleanza segreta e patologica presente all’interno della famiglia (P.Pace, 2014).
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