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di: stefanoiovino

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Nei disturbi del comportamento alimentare  è sempre presente una grave disorganizzazione della dinamica familiare, spesso mascherata da un aspetto esteriore di “quasi” normalità. Nelle famiglie in cui si manifesta un disturbo dell’alimentazione è spesso evitato o controllato qualunque tipo di espressione emotiva. I rapporti genitori-figli restano contraddistinti dal fatto che nulla è vietato apertamente, cosicchè a genitori che non proibiscono niente corrispondono figli che non disobbediscono mai, in un clima di regole tacite ed indefinite in cui prevalgono l’ambiguità e l’indeterminatezza. Spesso, ogni membro della famiglia è  “ipercoinvolto” nella vita di ogni altro, al punto che nessuno esperisce un senso di identità separata al di la della matrice familiare. La madre appare come colei che riveste un ruolo centrale, spesso dipende completamente dal marito, sia economicamente che da un punto di vista emotivo e decisionale. Non avendo una vita sociale soddisfacente, si sente delusa dalla sua esistenza ed al tempo stesso piena di recriminazioni verso il marito, espresse non come esigenze proprie bensì in nome di doveri del buon padre ecc.

Soffermiamoci, invece, sul ruolo del padre.

Se da numerosi studi emerge una patologia della relazione tra la madre e la figlia che sembrano prigioniere l’una dell’altra, tuttavia da alcuni anni, diversi studiosi, hanno concentrato l’attenzione sul ruolo del padre nell’anoressia nervosa. Viene sovente descritto un padre emotivamente assente, segretamente svalutato dalla moglie.

La letteratura scientifica è giunta a sostenere che la fame dell’anoressica, in alcuni casi, potrebbe essere descritta come “una fame di padre”: è la figura maschile che la paziente conosce meno, con la quale non ha imparato a rapportarsi in maniera giusta (le è rimasta oscura probabilmente perchè la madre ha sempre fatto da schermo tra lei e il padre). Spesso lo scenario è formato da una madre iperprotettiva  e al tempo stesso distante, formale ed insoddisfatta, alla quale corrisponde spesso ad un padre brillante e sicuro all’esterno ma assente in famiglia o presente solo come autorità, con il quale comunque sono impossibili scambi di intimità, e che in tal modo partecipa alla genesi ed al mantenimento relazionale del disturbo alimentare. Il padre convinto di non fare mancare nulla alla famiglia, poiché provvede ad essa economicamente, e rispondendo di traverso con questo alle rivendicazioni ed alle critiche tacite della moglie, lascia a lei tutte le decisioni salvo esprimere altrettanto tacitamente, con la sua assenza da casa e con il sintomo della figlia poi, la sua disapprovazione e critica.

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